
A più di 20 anni dalla prima pubblicazione del manga, mi imbatto (ed imbarco) su Netflix nella storia di Death Note, incuriosita dai cosplayer e dalle referenze ricevute da amici e conoscenti.
Creato dalla penna di Tsugumi Ohba e dai disegni di Takeshi Obata, il manga esce tra il 2003 ed il 2006, mentre si deve al 2007 l’uscita dell’anime, grazie alla Madhouse.
Il genere è categorizzabile come Thriller psicologico con una forte componente soprannaturale, mistero e morte.
Per essere un manga datato, la storia risulta incredibilmente moderna, affascinante ed originale.
Tutto inizia quando il protagonista, Light Yagami, un brillante liceale giapponese, trova per terra uno strano quaderno nero, il Death Note, che riporta una serie infinita di istruzioni al suo interno, la più importante delle quali descrive: “se si conosce il volto ed il nome della persona da uccidere e lo si scrive sul Death Note, dopo 40 secondi dalla scrittura sul quaderno, quella persona morirà”.
Grazie al potere del Death Note, Light incontrerà Ryuk, lo Shinigami (demone della morte) a cui appartiene il quaderno, che lo accompagnerà durante tutto il suo percorso nel voler diventare sempre più vicino e simile ad un “Dio” della morte e della giustizia, che uccide uomini malvagi e criminali, per far diventare il mondo un posto migliore.
Nonostante le sue buone intenzioni e apparenti ragioni, Light Yagami (il nome sembra volutamente contraddire il buio all’interno del suo animo) intraprenderà un percorso oscuro, fatto di ossessioni e di una falsa “giustizia” con la quale tenterà a tutti i costi di giustificare e difendere i suoi misfatti, anche a costo di minacciare ed uccidere chiunque tenterà di fermarlo, buono o cattivo che sia, ormai non sembra più avere alcuna importanza.
I piani di Light (che prenderà lo pseudonimo di Kira, cioè “killer” per la deformazione della parola in giapponese) verranno contrastati da un formidabile detective di nome “L.” (di cui volutamente non si conosce il vero nome) e si apriranno diversi colpi di scena e strategie psicologiche complesse.
Ogni episodio ha una narrazione serrata, veloce, avvincente, inspiegabilmente moderna ed attuale, nonostante la storia -dicevo- sia abbastanza datata, riuscendo ad incatenare lo spettatore come in una lunga partita a scacchi di cui non si riesca mai a prevedere l’esito fino in fondo.
Scendono in campo l’inesorabile lotta tra il bene ed il male, il potere e la giustizia, la mente e l’ingegno, che incarnati di volta in volta dai diversi personaggi, mantengono sempre alta la tensione per tutto l’arco narrativo, anche se risultano migliori e più avvincenti gli episodi della prima parte della serie, più che quelli della seconda.
1 sola stagione con 37 episodi da guardare tutti d’un fiato!
Nonostante alcune critiche sulla seconda parte (post ep. 26) Death Note è veramente unico nel suo genere, e resta uno dei manga e degli anime più amati ed iconici dell’ultimo ventennio.
La visione è assolutamente consigliata, ma per un pubblico un pó più maturo (+13).
